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Le nuove catene del valore del mondo food&beverage

Per migliorare la competitività di un settore chiave del Made in Italy, occorre investire in nuove proposte capaci di valorizzare la tradizione attraverso l’uso della tecnologia.
12/11/2020

Partiamo dal contesto.

Secondo l’edizione 2020 del Rapporto Istat sulla competitività dei settori produttivi, la filiera agroalimentare rappresenta il 4,1% dell’economia italiana in termini di valore aggiunto, è uno dei pilastri su cui puntare per il rilancio economico del Paese. E l’innovazione è, come noto, una delle dimensioni chiave su cui far leva per aumentare la competitività, questo trasversalmente in tutti i settori dell’economia. 

Il livello di penetrazione dell’innovazione nell’agroalimentare italiano presenta importanti differenze però: se il mondo del food fatica a migliorare la propria competitività puntando sull’integrazione di innovazione, il mondo del beverage, pur rimanendo legato alla tradizione, riesce a farlo molto meglio, grazie (soprattutto) alla spinta dell’e-commerce. Due esempi: Tannico e Vino75, piattaforme che permettono anche a piccoli produttori di vendere direttamente a consumatori finali, senza passare attraverso la grande distribuzione.  


Perché allora per nuove startup è difficile trovare spazio di crescita nel Food?

Nel food oggi ci sono tanti attori, concentrati soprattutto sulla parte finale della catena del valore, la logistica e la distribuzione. E qui non è semplice emergere, perché il terreno è presidiato dai giganti del settore, come Glovo e Deliveroo. Quindi, le startup devono andare oltre i servizi di delivery ed e-commerce per trovare più facilmente un chiaro vantaggio competitivo. Come ha fatto Soplaya, il marketplace che mette in contatto piccoli artigiani del food con ristoratori di nicchia. 

“Essere digital e copycat di grandi storie di successo non basta più. Le startup interessanti sono quelle che riescono a ridefinire le catene del valore, a creare nuovi modelli di business che le efficientino, nuove economie di scopo o di scala, spesso disintermediando gli attori tradizionali”, spiega Laura Scaramella, Partner del Fondo Italia Venture I di CDP Venture Capital.

In questo contesto, un esempio interessante di value proposition è Cortilia, che ha creato connessioni dirette tra piccoli produttori e consumatori. E, con l’aiuto del digitale, ha dato vita a una value chain diversa e ottimizzata.


Quindi le prospettive interessanti ci sono.

Attraverso i suoi fondi, CDP Venture Capital sta investendo in realtà che guardano in maniera innovativa alla parte finale della value chain del food. 

Ma, per le startup, non è sempre necessario sostituirsi all’industria tradizionale per poter trovare spazi di crescita. Un’altra leva importante dell’innovazione è l’integrazione tra fisico e digitale. Perché, se è vero che l’e-commerce si è affermato anche nel grocery e che il 59% delle decisioni di acquisto avviene online, è altrettanto vero che circa il 90% degli acquisti avviene ancora attraverso i canali fisici tradizionali. E sarà molto probabilmente così ancora per molti anni. “Allora è importante lavorare alla costruzione di un’esperienza evoluta e omnichannel per i consumatori, un’esperienza fluida e senza interruzione di causa tra i dispositivi connessi e i negozi fisici”, suggerisce Laura Scaramella.

Nel portafoglio del Fondo Italia Venture I c’è una realtà che ha interpretato questo trend in maniera originale, DoveConviene. Oltre ad aver digitalizzato i volantini pubblicitari degli sconti disponibili nei negozi, geolocalizzandoli per gli utenti, DoveConviene continua a migliorare la sua value proposition verso i consumatori, creando soluzioni volte a migliorare l’esperienza di preparazione online alla spesa nei negozi fisici: ad esempio con il servizio “DoveFila”, che segnala agli utenti i negozi meno affollati, per rispondere alle necessità di distanziamento sociale dell’emergenza Covid-19. Non solo: DoveConviene offre ai suoi clienti, ossia i negozi fisici e i brand, la possibilità di migliorare in modo significativo l’efficienza delle campagne di trade marketing lanciate, grazie a una profilazione molto precisa degli utenti finali da raggiungere e a soluzione software che danno visibilità delle performance delle campagne in tempo reale in termini di conversione in footfall nei negozi fisici.

E la prossima ondata di disruption?

Finora ci siamo concentrati prevalentemente sulle prospettive migliorative nella parte finale della catena del valore del settore. Ma, se allarghiamo lo sguardo, emergono potenzialità dirompenti.

“Bisogna intervenire su tutta la value chain, partendo da produzione primaria e transformazione”– sostiene Laura Scaramella - “perché è proprio nelle prime due fasi della catena che le realtà ad alto potenziale possono farsi strada con soluzioni inedite”.

Dall’agricoltura di precisione all’alternative meat, c’è ancora molto spazio per le startup che scelgono di puntare sulla ricerca come fattore differenziante di crescita, cavalcando megatrend trasversali come l’healt&wellness e la sostenibilità. 

E CDP Venture Capital supporta la loro innovazione in tutte le fasi di sviluppo, “fornendo capitale, competenze e network”, con l’obiettivo di stimolare l’ecosistema in tutte le sue parti. “Accelerando la curva di crescita di startup davvero innovative è infatti possibile rendere più efficace nonché velocizzare l’innovazione dell’intera catena del valore e, quindi, in ultima istanza, l’impatto di una filiera importante quanto quella dell’agroalimentare nell’economia reale del Paese”, racconta Laura Scaramella.


Ma qual è, allora, il ruolo del deep tech?

In sintesi, nei prossimi anni vedremo cambiare il modo in cui si producono e si trasformano alimenti e bevande. E quindi anche nel settore food&beverage faranno ingresso tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale o AR/VR, per citarne alcune.

Proprio per sostenere le proposition tech driven più sofisticate, applicabili a tutti i settori economici del Paese, CDP Venture Capital ha messo in campo tre nuovi fondi, uno già lanciato e due in corso di attivazione.

Il primo è il Fondo Tech Transfer, dedicato al trasferimento tecnologico mediante il co-investimento selettivo nelle startup più promettenti e l’investimento in fondi verticali specializzati. Ed è così che competenze, brevetti e proprietà intellettuale possono atterrare nell’ecosistema startup.

Il secondo è il Fondo Acceleratori, che ha lo scopo di supportare la creazione e/o lo sviluppo di programmi di accelerazione verticali su settori strategici, investendo nelle startup che partecipano ai programmi supportati dal fondo. 

Il terzo è il Fondo Corporate Venture Capital, che ambisce a coinvolgere alcune tra le principali aziende italiane. Investirà direttamente in startup focalizzate su alcune verticali industriali chiave per il Paese con l’obiettivo primo di diventare un importante strumento di supporto all’innovazione delle imprese italiane. Una condizione ormai necessaria per mantenere competitività, prestando attenzione ad allineare gli obiettivi strategici di innovazione delle corporate con quelli di crescita spinta delle startup, spesso facilitata proprio dalla capacità dei founding team di stringere partnership commerciali e di sviluppo prodotti con le corporate.
 

L’ecosistema a supporto dell’innovazione in Italia